Il Mietitore lucano |
Ogni tanto spunta in giro quest'immagine. "Ma chi è?"-mi chiedevo ogni volta.
Cerco e trovo che il dipinto è intitolat0 "IL MIETITORE LUCANO" e l'autore è un artista meridionale ( di Ruvo del Monte in provincia di Potenza) .Scopro che il suo nome è anche legato a Michelangelo Buonarroti.
Vado sul Dizionario dei Lucani e leggo la sua scheda che trascrivo di seguito.
TOZZI, Piero Ruvodel Monte (PZ), 1883 - Firenze, 1961
Profilo
biografico: Antiquario, Pittore.
Non si hanno notizie della sua infanzia. Lo
troviamo già a Napoli nel 1899 iscritto
all’ Accademia di Belle Arti per apprendere le tecniche di pittura. Tra i suoi
maestri vi è Domenico Morelli (1826-1901), uno dei più importanti artisti
napoletani dell’Ottocento, Michele Ammarano (1835-1920), il cui stile era molto
vicino al ‘realismo sociale’ praticato da un settore
della pittura italiana
dell’epoca. Entrambi i maestri incidono profondamente, più degli altri, sulla
formazione del giovane Tozzi, il quale dal primo prende la pastosità e la brillantezza
della tavolozza, dal secondo il modo di
guardare i contenuti.
Il primo
lavoro importante che egli concepisce, subito dopo essere uscito
dall’Accademia, è “Il Mietitore della
Basilicata”. Ha appena ventitré anni. Il famoso giornalista e poeta Salvatore
Di Giacomo (1860-1934), vista la tela, gli indirizza una lettera di
congratulazioni, tra cui dice: “Vi è bella forza di colorito e viva e
penetrante espressione: e tutto è luminoso e caldo di vita e di umanità Così
suggestiva e così vigorosa di plastica”.
L’anno
successivo, per un inspiegabile motivo, si trasferisce a New York (1907). Qui
apre subito uno studio e, avendo necessità di vivere, si dedica ai ritratti.
Grazie alla loro qualità artistica, piacciono subito alla buona borghesia
newyorkese di cui molti esponenti si fanno ritrarre. La grande occasione per
farsi conoscere da essa è data
dall’esposizione al Metropolitan Museum del suo quadro tanto lodato dal
Di Giacomo. Tale quadro vince addirittura il secondo premio internazionale di
pittura con l’assegnazione di una medaglia d’argento.
Torna in
Italia e si stabilisce a Firenze. Scoppia la grande guerra 1915-18 e lui è
richiamato alle armi col grado di tenente di complemento. In questo periodo,
con una visione po’ romantica, dipinge la tela “Riposo di un piccolo posto avanzato”. Durante la famosa battaglia di Monte San
Michele Tozzi, a causa della sua audacia, rimane ferito piuttosto gravemente,
tanto da meritare una medaglia d’argento al valore e la promozione a capitano.
In questi
anni emerge un tratto particolare delle qualità del Tozzi: la capacità di
mediazione. Ciò fa si che nel 1818 sia assegnato, su richiesta del governo americano, al Commissariato degli
Stati Uniti a Roma col ruolo di ufficiale di collegamento.
Grazie alla sua notorietà di ritrattista,
durante questa breve missione in America
Tozzi riesce in poco tempo ad organizzare l’”American free Milk and Relief
for Italy”, e cioè un comitato per l’assistenza all’infanzia vittima delle
privazioni della guerra. A tale scopo, esso gli fa giungere in Italia, e a più riprese, consistenti fondi
raccolti, che lui gira alla Croce Rossa.
L’anno prima era riuscito a ottenere in dono, da un altro comitato femminile,
un’autoambulanza impiegata per il trasporto dei feriti.
Nel
settembre sempre del 1918 l’allora Presidente del Consiglio italiano, Vittorio
Emanuele Orlando (1860-1952 ), lo invia a Washington per una missione
diplomatica, che ha buon esito. Per questo risultato, l’Orlando lo porta al suo
seguito come consigliere alla Conferenza di pace di Parigi (1919), organizzata dai vincitori della Prima guerra mondiale
per spartirsi l’Europa, a spese dell’Austria e Germania sconfitti.
Finita la guerra, Tozzi torna a Firenze e
spesso compie viaggi in America non soltanto per dipingere ritratti ma anche
per vendere oggetti d’arte. Durante uno di questi viaggi, nel 1921 si imbatte
casualmente a New York in un albergatore in possesso del quadro “Madonnina” di Francesco Raibolini detto
il Francia, rubato da un giovane italiano nel 1919 dalla Pinacoteca di Bologna.
L’albergatore gli chiede una somma considerevole per cederglielo dovendo recuperare il debito contratto con
lui dal giovane ladro. Tozzi non ha la somma richiesta, prospetta allora il
caso a Pasquale Magarella, imprenditore lucano a New York, il quale riscatta il
quadro. Tozzi lo restituisce alla Pinacoteca bolognese coinvolgendo però, con
gran rumore, la stampa americana, che ne fa un caso simile al furto della “Gioconda” di Leonardo avvenuto nel 1911
al Louvre. Non lo fa soltanto per spirito di patria ma anche per pubblicizzare
se stesso come pittore e come antiquario.
Egli è
infatti anche collezionista d’arte. E in tal senso il suo studio di via
Mannelli a Firenze è anche una di bottega di quadri e statue antiche. E’ tutto
materiale che acquista per rivenderlo, non soltanto in Italia ma soprattutto in
America, dove finisce in collezioni pubbliche e private. Questo interesse
commerciale motiva i suoi frequenti viaggi oltre oceano.
Per
professionalità e cultura è chiamato come consulente d’arte da vari musei e
collezionisti, specialmente nel campo delle sculture antiche. Durante un
ennesimo viaggio a New York (1942) partecipa con la moglie ad un’asta presso le
American-Anderson Galleries e riesce ad acquistare per una somma
considerevole una statua attribuita allo
scultore rinascimentale Andrea Sansovino (1467-1529 ). Una volta pulita dalla
sporcizia e dai cristalli salini accumulatisi nel tempo, Tozzi capisce che
l’autore della statua è un altro: le sue forme sono caratteristiche tipiche dell'arte di
Michelangelo Buonarroti! Porta la statua in Italia e per due anni essa
viene esaminata da studiosi presso la Casa Buonarroti, dove Tozzi l’ha messa a
disposizione. La statua è il famoso “San Giovannino”, scolpita verso il
1495-1496 circa, sparito dall’Italia da
qualche secolo . Dopo il
riconoscimento, Tozzi se la riprende. Oggi non si sa dove essa sia (sicuramente
è finita in una collezione privata).
Non
esistono studi monografici sulla pittura del Tozzi, né esiste un catalogo. Egli
è ricordato non soltanto per i due particolari episodi narrati, ma anche perché
ai suoi tempi è considerato un ottimo ritrattista. “Nel quadro, la pittura
diventa scultura. Luci chiare vengono a noi dalla profondità cupa di ambienti
privati, sui quali ha modellato i ritratti di fanciulli vivaci e ridenti, di
giovani e vecchi venerandi, dall’aspetto pieno di dignitosa nobiltà”