23 mag 2008

Pisticci e alcune leggende

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Pisticci e le sue leggende Una leggenda narra che nel XV secolo i Monaci Benedettini dell'abbazia di Santa Maria del Casale di Pisticci scavarono un tunnel lungo e tortuoso dal Castello di San Basilio fino all'abbazia. Il tunnel era utilizzato per proteggersi da eventuali attacchi nemici, probabilmente dei Saraceni, o per sfuggire agli attacchi epidemici di malaria e colera. Altra versione della leggenda dice il tunnel sotterraneo percorreva sotterraneamente il paese, collegando tra loro l'abbazia del Casale, La chiesa del Convento e la Chiesa Madre. Ugo de Pagani (de Payens), il fondatore dell'Ordine dei Templari, soggiornò nel Castello di San Basilio con il suo esercito di cavalieri Crociati prima del viaggio verso la Terra Santa. Nel giugno 2005, una squadra di archeologi, di storici medievali con la testimonianza di giornalisti, si è interessata a questo evento storico appurandone la veridicità. Una leggenda narra che nella Torre Bruni trovò rifiugio Bruto dopo la congiura di Cesare. Nel 1555 Pisticci fu risparmiato dalla peste che imperversava nel Regno di Napoli e che aveva fatto strage nei paesi vicini; molti videro San Rocco sopra la parte più alta del paese nell'atto di benedirlo. Per essere stati risparmiati dalla peste, i pisticcesi lo proclamarono patrono. La zona prospiciente all'ingresso al paese dalla strada che porta al mare è denominata "le Varre". Una leggenda narra che i monaci Basiliani, arrivati al bivio di Santa Croce (che da una strada entra nel paese, dall'altra porta sull'altura del Casale, ormai inglobata nel centro abitato), dato che i cavalli non rispondevano più ai comandi e rimanevano fermi, diedero le redini alla statua della Madonna che avevano portato con loro; allora i cavalli portarono il carro sull'altura, dove venne costruita l'abbazia Share

Satriano e la leggenda del Moccio degli Abbamonte

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Girando e e girovagando per la Basilicata on My Mind incontro un territorio con una forte dimensione fabulistica. Satriano: la leggenda del Moccio Una delle leggende satrianesi più raccontata in paese è quella del Moccio degli Abbamonte. Una coppia, non potendo avere figli, decise di costruirne uno con sangue e farina. Col passare degli Anni, questo “Moccio” diventava sempre più vivace e dispettoso, cosicché i genitori lo rinchiusero in una stanza. Questi riuscì a venirne fuori e la coppia così decise di disperderlo “Pietra del corvo”. Dopo qualche giorno il “bimbo” riuscì a tornare a casa e i genitori, stanchi di lui lo murarono vivo. Da allora la stanza dove si trova il “Moccio” non è più stata ritrovata e per questo motivo questa leggenda tutt'ora si tramanda da padre in figlio.
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16 mag 2008

Dubbio/ 2

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Ma è più importante una notizia, circostanziata, reale, o chi la notizia la scrive? Share

Travaglio e Schifani

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Schifani querela Marco Travaglio, effetto boomerang? Il presidente del Senato Renato Schifani(il Curriculum di Renato Schifani) ha dato mandato ai suoi avvocati per agire giudizialmente nei confronti “delle affermazioni calunniose rese nei giorni scorsi nei riguardi della sua persona”. E’ quanto afferma una nota dell’ufficio stampa del Senato. “Sarà quella la sede in cui, da una puntuale ricostruzione dei fatti, la magistratura potrà stabilire le responsabilità di coloro che hanno dato luogo ad un’azione altamente diffamatoria nei riguardi del Presidente del Senato”. “Quasi quasi - commenta a caldo il giornalista - mi sta bene: finalmente ci sarà una sede che potrà appurare se ho detto la verità. A differenza dei politici, i giudici stanno ai fatti, e in tribunale le chiacchiere stanno a zero”. Antonio Di Pietro resta l’unico a difendere Travaglio: “Gli attacchi che sta subendo solo per aver raccontato la cronaca di fatti veri e accaduti e che riguardano nientemeno la seconda carica dello Stato, il Presidente del Senato Schifani, dimostrano che, come al solito, quando si tratta di difendere la Casta, i vari esponenti di partito di destra e di sinistra fanno quadrato e diventano un tutt’uno”. Anche Furio Colombo, unico del PD, difende Travaglio accusando i compagni di partito:”Invece di stare dalla parte per la libertà di espressione, che se la usi male viene il giudice, l’opposizione, e specificamente la senatrice Finocchiaro del Pd, è corsa in aiuto del presidente del Senato- attacca Furio Colombo sul sito di Articolo 21 - Ogni volta che si nota una minaccia, e in questo caso si tratta di ciò, ogni volta che si attacca un solo giornalista, occorre reagire, come si può e negli spazi ancora liberi”. E aggiunge: “Mi scandalizzano le parole usate da Luciano Violante che chiama ‘pettegolezzo’ ciò che ha scritto un giornalista che è scortato per minacce di mafia, ovvero Lirio Abbate, il cui frammento di libro è stato citato da Travaglio. Chiamare pettegolezzo una testimonianza di mafia, mi pare inconcepibile e sta allargando in modo allarmante il ‘livello Bondi’, che sta diventando il parametro a cui una parte di dell’opposizione aspira ad omologarsi”. Per l’ex direttore de l’Unità “c’è un caso Rai, evidentemente. La Rai nel suo insieme e nelle sue articolazioni è diventata allergica alla pura e semplice idea di libertà di informazione. Ciò che viene presentata come intervista, in realtà è intesa invece come una banale conversazione. Chi va alla Rai deve sapere che ci si aspetta di attenersi ad un galateo di pudici silenzi, ovvero di parlar d’altro. O al massimo di promuovere se stessi: un libro, un film, una canzone…” http://alessandroingegno.wordpress.com/2008/05/12/schifani-querela-marco-travaglio-effetto-boomerang/ Share

15 mag 2008

Dubbio / 1

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Oggi in auto, mia antica compagna di viaggio e viaggi, mi son posto delle domande e tra un pensiero e l'altro, riflettendoci su ho deciso di condividere questi interrogativi. Dubbi che saranno come piccole finestre, mutuando quelle usate da Galeano nel suo libro Parole in cammino (1998) (Las palabras andantes).
  • Ma il problema economico per le famiglie di arrivare alla terza settimana esiste ancora o no? E' un argomento che non vedo più trattato dai mass media
  • Ma il conflitto di interessi esiste ancora? Nessuno, quasi, ne parla.
  • Ma il conflitto di interessi è inteso solo quello mediatico?
  • Ma la certezza della pena, norme e controlli più severi, ecc., saranno solo per chi compie azioni contro le persone o anche contro le istituzioni? Se uno ruba in casa è un ladro e va in galera! E se uno ruba allo stato?
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9 mag 2008

Un ricordo, solo un piccolo ricordo.

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Tempo fa avevo scritto un post su Peppino Impastato ma oggi...è oggi, e riprendo l'argomento. Oggi ricade un anniversario. Uno forte , carico di significato e di retorica. Ma oggi ricade anche un altro anniversario, meno invasivo mediaticamente, più silenzioso, più intimamente doloroso poichè fino a poco fa circoscritto a pochi intimi e conoscenti. Un altro morto ammazzato. Il primo anniversario è l'omicidio di Aldo Moro, uomo politico , servitore dello stato e famoso anche nella morte, suo e nostro malgrado. L'altro è un umile servitore dell'uomo e delle regole dello stato. Uno che ha lottato contro i mulini a vento; un uomo pericoloso perchè voleva cambiare il pensiero degli uomini non con le parole ma con l'esempio. Un Atteggiamento pericolo. Pericoloso per i
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Il turista fotofago

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Il turista fotofago, e lo snobismo del viaggiatore Il Diario di Repubblica dedica un servizo all’arte del viaggiare, con interventi di Francesco Merlo, Guido Viale, e l’antropologo Marc Augè. Merlo spiega la mutazione genetica del viaggio moderno e il numero chiuso di ingressi e dello spopolamento di Venezia, argomenta con acutezza come sia probabilmente inevitabile la “pompeizzazione” delle città meta di turismo: Del resto, cosa ammalia un turista se non una bella rovina? Persino le agenzie di viaggio e gli autisti di pullman hanno ormai capito che quel che rende bello il panorama non è la conservazione della sua architettura ma la sua rovina. […] E’ questa la forza-disgrazia del turismo: rendere eterna la rovina, mummificandola. Il turismo è la rovina oltre la rovina. E’ la rovina della rovina. I turisti, secondo Merlo, sono parassiti, che anzichè sangue e umori cadaverici, succhiano immagini dai luoghi ormai morti. Turismo viene da “tour” - spiega Guido Viale. E’ la tradizione del Grand Tour, che molti bei libri hanno raccontato. Il viaggio che i giovani aristocratici facevano un tempo per acculturarsi, quasi sempre in Italia, seguiti da stuoli di servi e cumuli di bauli. Viaggio di formazione, che con il tempo ha assunto nuove attribuzioni: viaggio d’affari, esotico, sanitario, religioso, sportivo, sessuale… Marc Augè, antropologo famoso per aver “inventato” i non-luoghi, aggiunge un tassello importante, un po’ consolatorio, ma che è anche una frecciata a molti di noi. Nel turista che sbrana le immagini dei luoghi morti, che “fugge la solitudine, si muove in gruppo e non vuole essere turbato da ciò che incontra”, dall’incontro con l’altro, resiste però, chissà quanto strenuamente, il ricordo lontano del viaggiatore che fu… Anche il viaggio organizzato più banale può sembrare un’avventura capace di procurare intense emozioni. La critica del turismo, quindi, non deve cadere nello snobismo, che, per inciso, caratterizza quei turisti che vorrebbero essere gli unici ad approfittare di un dato luogo. Costoro sono sempre i primi a criticare ferocemente gli altri turisti. Che dire? Touchè. Share

Colobraro in Tv

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Una carrellata di servizi televisivi su Colobraro.
Alla faccia della Sfiga, solo Matera
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Colobraro, il paese che non si può dire

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COLOBRARO, IL PAESE CHE NON SI PUO’ DIRE

Foto: Franco Pinna , Colobraro, Ottobre 1952

I paesi della Lucania sono centotrentuno. Di questi, centotrenta sono infelici, mentre il centotrentunesimo è arrabbiato nero. Questo paese si chiama Colobraro. Per una strana assonanza lessicale, il paese sembra chiamarsi così perché somiglia a una “columbària”, cioè a un serpentario. Questo paese sconosciuto è una rocca, una collina rocciosa (da qui i serpenti), un “eden” di ginestre, olivi, boschi e canneti.
Colobraro è un piccolo paese della provincia di Matera – dal capoluogo dista una novantina di chilometri – e dai suoi pianori si possono ammirare gli ineffabili calanchi del materano, i campi di grano sterminati, i giardini di Tursi (il paese del grande poeta dialettale Albino Pierro), le ricche coltivazioni di Policoro, le luci ammalianti di Valsinni (il paese dove visse e dove tragicamente morì la poetessa Isabella Morra), la diga di Senise, l’immenso lago artificiale che dà da bere alla Puglia, e le
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