Tempera su legno, Uffizi di Firenze.
Re Mida affiancato da due figure femminili, che rappresentano il sospetto e l'ignoranza, le quali sussurrano cattivi consigli nelle orecchie d'asino del Re.
Federico I Barbarossa, in vecchiaia, si ritirò al Castello di Lagopesole e, siccome era afflitto da una deformità congenita che lo costringeva a nascondere delle orecchie allungate e puntute sotto una fluente capigliatura, per impedire la divulgazione della notizia della sua deformità, aveva ordinato che i barbieri da cui si faceva radere, al momento in cui lasciavano la dimora imperiale, venissero portati, attraverso un corridoio, in una torre dove era posto un trabocchetto, nel quale i malcapitati rimanevano sepolti. Un giorno un giovane barbiere riuscì a sfuggire evitando la mortale torre. L’Imperatore lo graziò a condizione che non rivelasse mai il gravoso segreto.
Il nostro barbiere era intenzionato a mantenere il segreto, ma la notizia era grossa; non volendo però mancare alla promessa fatta, temendo giustamente per la propria vita, andò
nel luogo più nascosto della campagna di Lagopesole, vi scavò un buco profondo nel terreno e, parlandoci dentro, raccontò il segreto dell'Imperatore. Dopo qualche tempo, sul posto, crebbero delle canne che, agitate dal vento, con il loro fruscio sempre più forte ed insistente,
ripetono ancora oggi una canzone: "Federico Barbarossa téne l'orecchie all'asinà a a
a a ...".
Di qui il ritornello è giunto fino ai tempi nostri ed è stato ripreso
anche in canti popolari della zona. Non sarà sfuggito la somiglianza fra
quanto raccontato e il mito di Re Mida, punito da Apollo con delle orecchie d’asino.
Il nostro barbiere era intenzionato a mantenere il segreto, ma la notizia era grossa; non volendo però mancare alla promessa fatta, temendo giustamente per la propria vita, andò
nel luogo più nascosto della campagna di Lagopesole, vi scavò un buco profondo nel terreno e, parlandoci dentro, raccontò il segreto dell'Imperatore. Dopo qualche tempo, sul posto, crebbero delle canne che, agitate dal vento, con il loro fruscio sempre più forte ed insistente,
ripetono ancora oggi una canzone: "Federico Barbarossa téne l'orecchie all'asinà a a
a a ...".
Di qui il ritornello è giunto fino ai tempi nostri ed è stato ripreso
anche in canti popolari della zona. Non sarà sfuggito la somiglianza fra
quanto raccontato e il mito di Re Mida, punito da Apollo con delle orecchie d’asino.