A Gorgoglione, come in tanti altri borghi appesi ai fianchi dell’Appennino, non ci si passa, si va. Si decide di andarci e basta.
Ci andai che era primavera finita. A giugno precisamente.
In questo periodo a
Gorgoglione, la ginestra avvolge con il suo profumo le strade, le case, gli
anfratti, le facciate soleggiate e le scalinate nell'ombra.
E ingentilisce il carattere
severo della pietra.
Qui tutto è pietra. Il paese della pietra è anche
il paese in pietra.
Qui la pietra è di casa; qui la pietra ha una
storia, possiede una voce. Il rapporto con la gente è un rapporto forte, solido,
che si tramanda.
Alle volte questo filo di trasmissione si spezza.
Un figlio emigra e lascia qui, insieme
alla famiglia, anche i saperi che gli sono stati trasmessi. Nel posto in
cui andrà forse non gli serviranno mai.
Alle volte si prende semplicemente una strada lavorativa diversa. Altri,
però, decidono di continuare e qualcuno di iniziare.
La storia di Gorgoglione e la sua economia girano
attorno alla pietra. Qui le cave impiegano molte persone e dalle cave, nel cuore delle montagne, si
estrae una pietra arenaria pregiata che in letteratura scientifica è denominata
“Flysch di Gorgoglione”. Tra gente meno scientifica è conosciuta semplicemente come la pietra di
Gorgoglione.
In queste cave, nel lavoro di estrazione, si sovrappongono sofisticati macchinari
e tecniche tradizionali. Gli scalpellini, dalle mani grosse, lavorano la
pietra con fare antico e gentile. Hanno custodito e tramandato, di generazione
in generazione, l’abilità e la sensibilità verso la pietra.
E’ gente capace di
creare semplici oggetti di uso quotidiano così come pregevoli elementi
architettonici.
Un uomo, che con la pietra ci lavora,
mi dice: " la pietra va rispettata”. La sua spaccatura richiede quasi una
preparazione spirituale" "Io so che faccio una ferita alla t(T)erra. Questa
terra mi dà la pietra con la quale lavoro e mi guadagno da vivere. A modo mio
le chiedo scusa per lo sfregio e, allo
stesso tempo, la ringrazio per il dono ."
“Guarda le mie mani”- mi dice. Le tocco.
Sono ruvide e scavate e le dita sembrano sproporzionate. A guardar bene le mani
sembrano sproporzionate rispetto al corpo dell’uomo. Mani enormi di un uomo
normale.
“Queste mani hanno toccato la pietra
da sempre. Hanno spaccato e modellato pezzi e pezzi di pietra. Pezzi di Terra.”
E si percepisce che qui tutto è in
sintonia con la pietra.
Se il primo uomo, quell'`Adam, che in
ebraico indica "che viene dal
suolo", è stato modellato
dall'argilla e animato dal soffio di Dio"(Genesi 2.7), mi piace pensare
che qui a Gorgoglione la gente sia stata
plasmata dalla sua pietra e che abbia il soffio vitale che sa di ginestra.
Soffio, si! Anche questo.
A
Gorgoglione il vento soffia, e anche bene.
Le pale eoliche disposte in ordine
militare sui suoi crinali sembrano giocare a catturare il vento.
Ma questo non si ferma e continua il suo cammino lungo la valle del Sauro, o costeggiando altri paesi di pietra, Castelmezzano, Pietrapertosa appollaiati sulle Dolomiti lucane oppure solleticando i fianchi di Monte Croccia dove antiche genti, ignare di Zeus e della sua corte, consacravano Madre Terra.
Ma questo non si ferma e continua il suo cammino lungo la valle del Sauro, o costeggiando altri paesi di pietra, Castelmezzano, Pietrapertosa appollaiati sulle Dolomiti lucane oppure solleticando i fianchi di Monte Croccia dove antiche genti, ignare di Zeus e della sua corte, consacravano Madre Terra.
E così, il vento, senza mai fermarsi, trasporta con sé gli odori di
un paese impastato di ginestra e pietra.
Dalla rubrica domenica del Quotidiano: Quaderno di campo. (12/10/2014)