25 mag 2011

L'amore ai tempi dei Cavalieri. La leggenda della bella Elena degli Angeli

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L'amore ai tempi dei Cavalieri.
Una leggenda avvolge ancora il castel di Lagopesole.Questa leggenda, forse,  legata ai fatti storici che avvennero dopo la sconfitta e la morte di Manfredi che è stato l'ultimo re svevo di Sicilia. Figlio dell'imperatore svevo Federico II di Svevia e di Bianca Lancia, nipote di Enrico VI e pronipote di Federico I di Svevia detto Barbarossa fu reggente dal 1250 e quindi re di Sicilia dal 1258.
Morì durante la battaglia di Benevento, sconfitto dalle truppe di Carlo I d'Angiò.
Questa leggenda racconta che in alcune particolari notti, quando la luna è alta nel cielo e tutta la campagna tace, dal Castello si vede apparire e scomparire una luce portata da una fanciulla vestita di bianco e si sentono lamenti, invocazioni ed urla di disperazione.
La bella Elena degli Angeli, moglie disperata di Manfredi, torna al Castello dove visse felice a cercare il caro marito e gli amati figli perduti per sempre. Ed il biondo Manfredi, cavalcando il suo magnifico stallone bianco, con un bellissimo vestito dal lungo manto verde nella profondità della notte può essere incontrato nelle campagne attorno al castello, che vaga all'eterna ricerca della sua famiglia distrutta dall'Angioino.
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4 commenti to “L'amore ai tempi dei Cavalieri. La leggenda della bella Elena degli Angeli”

  • 26 maggio 2011 alle ore 17:18
    Lucia says:

    bella leggenda. Fra i ricordo della mia infanzia c'è la poesia Corradino di Svevia, pure lui morto tragicamente. Era il fratello magari?
    La poesia diceva pressappoco così:
    "se vieni dalla dolce itala terra, dimmi hai veduto il figlio mio?
    Lo vidi, era bello, era biondo, era beato, sotto l'arco di un ...
    ....era sepolto!
    Corradino di Svevia era il suo nome"....

    Non so se qualcuno la ricorda intera, ma a me da bambina mi ha sempre emozionata questa storia di Corradino di Svevia

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  • 26 maggio 2011 alle ore 17:47

    Un giovinetto
    Pallido, e bello, con la chioma d'oro,
    Con la pupilla del color del mare,
    Con un viso gentil da sventurato,
    Toccò la sponda dopo il lungo e mesto
    Remigar de la fuga. Avea la sveva
    Stella d'argento sul cimiero azzurro,
    Avea l'aquila sveva in sul mantello;
    E quantunque affidar non lo dovesse,
    Corradino di Svevia era il suo nome.
    Il nipote a' superbi imperatori
    Perseguito venia limosinando
    Una sola di sonno ora quïeta.
    E qui nel sonno ei fu tradito; e quivi
    Per quanto affaticato occhio si posi,
    Non trova mai da quella notte il sonno.
    La più bella città de le marine
    Vide fremendo fluttuar un velo
    Funereo su la piazza: e una bipenne
    Calar sul ceppo, ove posava un capo
    Con la pupilla del color del mare,
    Pallido, altero, e con la chioma d'oro.
    E vide un guanto trasvolar dal palco
    Sulla livida folla; e non fu scorto
    Chi 'l raccogliesse. Ma nel dì segnato
    Che da le torri sicule tonâro
    Come Arcangeli i Vespri; ei fu veduto
    Allor quel guanto, quasi mano viva,
    Ghermir la fune che sonò l'appello
    Dei beffardi Angioíni innanzi a Dio.
    Come dilegua una cadente stella,
    Mutò zona lo svevo astro e disparve.
    E gemendo l'avita aquila volse
    Per morire al natío Reno le piume;
    Ma sul Reno natío era un castello,
    E sul freddo verone era una madre,
    Che lagrimava nell'attesa amara:
    "Nobile augello che volando vai,
    Se vieni da la dolce itala terra,
    Dimmi, ài veduto il figlio mio?" - "Lo vidi;
    Era biondo, era bianco, era bëato,
    Sotto l'arco d'un tempio era sepolto."
    aleardo aleardi

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  • 18 dicembre 2011 alle ore 15:58

    Caro Giuseppe, sono tornata dopo molto tempo a rivisitare il tuo bellissimo blog, che fruisco con molto piacere ogni volta, e mi riprometto di tornare piu spesso per leggere molto e di piu delle tue interessanti pubblicazioni. Ho visto che prontamente rispondesti, nel mese di maggio, alla mia richiesta ricordando Corradino di Svevia. Grazie tante, veramente sono contenta di aver ricuperado questa poesia che da piccola mi faceva fantasticare. Tornero piu spesso. Un saluto e a presto. Lucia

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  • 18 dicembre 2011 alle ore 18:30

    A presto
    G

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