di
Angelo Lucano Larotonda
L’UOMO - Si era nei primi secoli della nostra era quando in
Egitto vi furono molti giovani desiderosi di diventare “perfetti” in Cristo. Per farlo scelsero la via della solitudine.
A
Bisanzio primeggiava l’Impero col suo sangue, la sua porpora, i suoi ori, la sua lussuria. A fianco gli marciava la Chiesa alla conquista delle anime, dei cuori e delle menti. Ai giovani di simile mondo così organizzato il
Vangelo proponeva, in alternativa, la follia dell’ eremita o il silenzio del convento posto in luoghi spesso inaccessibili. Il valore dell’ anima, il pericolo della sua perdizione, le molteplici potenzialità del corpo appesantito dai desideri della carne e perciò teso a subissare l’anima, erano le preoccupazioni di molti di quei giovani.
La prima virtù da acquisire era l’umiltà, che, come si sa, per realizzarsi incontra sempre il suo nemico principale, l’orgoglio. Questo si manifesta con molte parole, quella esige il silenzio. Non è il parlare che rompe il silenzio, ma la smania di essere ascoltati. Le parole dell’orgoglioso impongono il silenzio agli altri affinché possa far udire soltanto la propria voce. L’umiltà è invece silenziosa in tutto.
E venne un uomo che volle vincere il proprio orgoglio e vivere in umiltà assoluta. Il suo nome era
Antonio. Nato da una buona famiglia di Coma (oggi Qeman), in Egitto, conobbe il mondo e le sue passioni. Si era nel 270 quando lui aveva vent’anni e si pose una domanda: “Vidi tutte le reti del Maligno distese sulla terra, e dissi gemendo - Chi mai potrà salvarmi? - E udii una voce che mi disse: - L’umiltà -” . Fece allora una scelta radicale: vivere in assoluta povertà, in assoluta solitudine, in assoluto silenzio e sperare così di poter cogliere un giorno i sussurri soffiati del silenzio di Dio. Vendette tutti i suoi beni e cominciò i suoi giorni da eremita. Successivamente si trasferì in una tomba e vi restò vent’anni. Poi passò in una grotta del deserto della
Tebaide. Vicino c’era il Mar Rosso..
Dentro la grotta, Antonio viveva col carico della sua fragilità umana e con la tenacia di non impazzire. Quella grotta divenne il suo speciale sepolcro in cui giacere “morto” al resto del mondo e nel contempo “vivo” a