27 nov 2008

Montescaglioso e il carnevale

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Montescaglioso è un luogo in cui i simboli del passato seguitano a essere una presenza tangibile nella quotidianità dei suoi abitanti; i ritrovamenti archeologici, l’abbazia, le chiese, i palazzotti. Da epoche lontane, insieme ai segni materiali e visibili tutto l’anno, riecheggiano tracce immateriali come il Carnevale. Qui, esso, mantiene intatti odori e scene che rimandano le lancette del tempo indietro di secoli. Si possono leggere antichi riti precristiani di fertilità, di relazione con l’ambiente a carattere agro-pastorale, o la sua evoluzione con l'innesto della civiltà cristiana ai richiami della morte e rinascita della successiva Quaresima e Pasqua. Il mattino del martedì grasso, detto anche “carnevalone”, i rintocchi chiassosi dei campanacci, suonati dai ragazzi per la strada, annunciano l’inizio dei festeggiamenti. Un corteo mascherato e festante si incammina tra antichi e nuovi rioni. Carnevalone, re del carnevale, in groppa ad un asino, avvolto in un mantello nero e con in testa una cappellaccio, è accompagnato da sua moglie Quaremma, vestita di nero e simbolo della quaresima, e dal figlio Carnevalicchio, prossimo re del carnevale. Il corteo composto anche da altre maschere, chiede agli abitanti offerte che serviranno per il pranzo finale; ad un rifiuto interviene minacciosa una parca che trascina una corda e un fuso, simboli del percorso umano. Il vecchio e stanco Carnevalone alla fine dei festeggiamenti morirà, bruciato in piazza, ma lo farà con la pancia piena. Bisogna appagare gli appetiti. Domani è Quaresima. Scoccata la mezzanotte, infatti, dalle campane della Chiesa Madre, si odono cupi e minacciosi 40 rintocchi che indicano la fine de bagordi e l’inizio della Quaresima.
@Giuseppe Melillo 2007

Guarda un video.... Dal web: Il Carnevalone di Montescaglioso nasce soprattutto dalla cultura dei massari e dei braccianti. Anticamente i costumi erano realizzati con pelli di animali, ma la festa Si è evoluta insieme al mondo contadino. Si è utilizzata la tela di canapa, di juta e poi anche la plastica dei sacchi per le sementi del grano, ora, invece, carta, cartoni, stoffe di vestiti in disuso. Il Carnevalone come la natura ricicla quasi tutto. All'alba del martedi grasso, ha inizio il lungo rito della vestizione. Il gruppo ha precise figure e gerarchie. Apre la parca che rotea il lungo fuso tra le gambe della gente: simbolo della ruota del tempo che gira e della morte che prima o poi arriva. Guai a farsi colpire. Seguono i portatori dei campanacci più grossi, sbattuti con l'ausilio del ginocchio. La tetra figura della "Quaremma", vestita di nero e con in braccio un neonato. La carriola con il Carnevalicchio in fasce, ove depositare le offerte in natura. La sposa di Carnevalone, più o meno sguaiata, ferma tutti e chiede offerte in natura e danaro: serviranno a fare crescere il Carnevalicchio ma in realtà a fornire materia prima per la cena e l'Ubriacatura notturna. A ruota libera e con i campanacci più piccoli, tante figure sempre suggestive in costumi ogni anno diversi. Si accetta ogni offerta: pane, finocchi, pasta, dolci, frutta, vino e salsiccia. Chiude il corteo il vecchio e massiccio Carnevalone. Intabarrato in un mantello nero, in testa un cappellaccio, cavalca un povero asino. è conscio che nella notte schoccherà la sua ultima ora. Non parla ma accetta tutte le offerte. Sulle spalle di Carnevalone, sui fianchi o sulle chiappe dell'asino, qualche cartello con gocce di saggezza contadina condite da aspre critiche, sempre sgrammaticate (Carnevalone non ha avuto tempo per studiare), rivolte per lo più a politici e pubblici amministratori. Il governo è ladro, le tasse sono alte, il padreterno non dà pioggia, l'annata è andata male!A fine mattinata si fa la conta degli incassi in denaro e natura. Ci si prepara alla lunga notte sacrilega che già appartiene alla Quaresima. A notte avanzata nel pieno del carnevale rocchettaro, compare il funerale di Carnevalone. Un fila di preti e frati esaltati precede il feretro di Carnevalone portato a spalla dagli amici disperati e seguito dalla vedova allucinata che in grembo porta già Carnevalicchio. Il corteo si fa largo tra la folla e in piazza il feretro è bruciato, mentre la consorte dell’estinto partorisce Carnevalicchio. A mezzanotte in punto dal campanone della Chiesa Madre, partono 40 lugubri rintocchi che segnano l'inizio della Quaresima. Inizia la penitenza, la festa è finita, ma Carnevalicchio è già nato e pronto per la prossima annata. Nel giorno dopo, il mercoledi delle ceneri, nei vicoli già compaiono le sette figure della "Quaresima" appese ad una corda per ricordare a tutti gli obblighi del buon cristiano per la Pasqua che è vicina. Ma questa è un'altra festa. Le figure ed i simboli del Carnevalone di Montescaglioso Nel Carnevalone di Montescaglioso, espressione tra le più sentite della identità locale, sono presenti figure giunteci quasi intatte dal passato e comuni anche ad altre manifestazioni analoghe. Il Carnevale celebra i riti propiziatori della fertilità e del risveglio della natura e le figure tradizionali dell’evento rimandano a simboli arcaici provenienti dal mondo greco-romano e medievale. Nel corso degli anni il corteo di Carnevale si modifica e cambia per vie misteriose, conservando, però, la memoria di figure ben codificate che ogni generazione consegna alla successiva. Ed ecco le figure le più importanti. Carnevalone: il vecchio destinato a finire sul rogo per propiziare il nuovo ciclo stagionale. Carnevalicchio: l’anno nuovo e i riavvio del ciclo naturale. Sarà partorito durante il rogo di Carnevalone. La Quaremma: moglie di Carnevalone. La malannata, il digiuno, la penitenza. ‘U fus’: figura di origine greca. Tesse e regge il filo del destino e della vita. La femmina prena: altra raffigurazione della moglie di Carnevalone. Il nuovo che preme. Chiede le offerte per Carnevalicchio. La carriola: l’offerta chiesta per Carnevale con Carnevalicchio disteso nella carriola. ‘U zembr: il caprone, ovvero il demonio o meglio ancora le forze primordiali della natura. I campanacci: sbattute da maschere coloratissime per scacciare il malanno o forse per ricordare il ritorno delle greggi e delle mandrie. Il Cucibocca: per ricordare l’imminente arrivo della Quaresima. I cortei nuziali (‘u zit e la zit’): il corteggiamento, lo sposalizio e le danze in cerchio. Un altro rito propiziatore della fertilità della terra. Il medico, il frate, ‘u mamon’: i personaggi che accompagnano Carnevalone al rogo ed assistono la vedova nell’atto di partorire Carnevalicchio sulla pubblica strada. fonte: http://www.carnevale.montescaglioso.net/carnevalone.html Share

Pomarico: la canzone di Zeza e il carnevale

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Il carnevale a Pomarico ha i colori e gli odori di molti altri, ma ha una musica che proviene da lontano, da un mondo apparentemente distante nel tempo e nello spazio.

A Napoli tra il 1500 e 1600 si diffonde "La canzone di Zeza". Dopo qualche decennio la sua rappresentazione viene proibita per le mordaci allusioni e per i detti troppo licenziosi e osceni.
Vietata a Napoli, La canzone di Zeza trova spazio in altre località e tra queste vi è anche la lontana Pomarico.
Nel periodo di carnevale, infatti, un gruppo di amici, rigorosamente uomini, si travestivano con costumi cari alla farsa napoletana e inscenavano tra le vie della città La canzone di Zeza.
La rappresentazione si basava su pochi personaggi Pulcinella e sua moglie Zeza, popolana arguta e licenziosa, da cui prende nome la rappresentazione, la loro figlia Vincenzella e un suo innamorato, lo studente don Nicola. e una vicenda semiseria imperniata sul classico matrimonio contrastato e risolto dal tradizionale “lieto fine”.
Gli attori si muovevano tra vie del paese, e qui tra gli slarghi, nelle piazzette , ai crocevia, davano inizio alla rappresentazione ben accolti da un pubblico che li seguiva di strada in strada e che non faceva mancare loro del buon vino da bere.
A volte la rappresentazione era accompagnata dalla musica di qualche strumento suonato da gente che si accodava agli attori e che tentava di accompagnare i toni e le impostazioni della voce dei protagonisti.
La farsa iniziava con Pulcinella che a voler rimarcare la unicità dello spettacolo al pubblico si rivolgeva così: “Signori, diamo inizio al nostro canto della Zeza , 
che negli altri comuni non viene esercitato. 
Solo noi abbiamo avuto queste comodità,
a Pomarico che i nostri vecchi antenati avevano portato da Napoli. 
Io Pulcinella vi voglio raccontare una bella storiella…”.
E la commedia aveva inizio, tratteggiando Pulcinella, padre geloso e contrario al matrimonio della figlia con don Nicola.
Matrimonio, invece, voluto da sua moglie, la intrigante Zeza che si opera in maniera tale da far incontrare sua figlia, Vincenzella, con lo spasimante affinché si scambino promessa d’amore. Su questo canovaccio si srotolavano una serie di battute e di doppi sensi che rallegravano gli spettatori.
Simbolicamente questa commedia riprende il momento di passaggio dall’inverno alla primavera, attraverso il ricambio vecchio-giovane, rappresentati da padre Pulcinella-genero don Nicola.

Pier Paolo Pasolini, con la consulenza di Ennio Morricone, riconobbe il valore e la particolarità della canzone di Zeza e la inserii come commento musicale nel film Il Decameron.

"Mentre scorrono i titoli, e poi subito ripresa in una delle prime sequenze, si ascolta la Canzone di Zeza, una cantata carnevalesca irpina del Settecento; più di una volta ricorre il motivo di Fenesta ca lucive, un classico della canzone napoletana dell’Ottocento; fu proprio il regista, con la consulenza del compositore Ennio Morricone, a ripescare questi brani dal repertorio popolare campano, per il commento musicale del film in questione, Il Decameron di Pier Paolo Pasolini, Orso d’argento al XXI Festival di Berlino del 1971. "
Fonte Pagine Corsare

Giuseppe Melillo 2007


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Breve cronologia medievale della Regione Basilicata

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476 Il generale erulo Odoacre depone l’imperatore Romolo Augustolo ( l’ultimo dell’impero romano d’occidente ) e si proclama re d’Italia.
493 Si insedia a Ravenna, Teodorico re degli ostrogoti. L’arruolamento forzato nell’esercito e le pesanti tasse contribuiscono all’abbandono della campagna. Si salva dalla decadenza solo la parte nord-orientale della regione, in particolare la città di Venosa.
536 Un forte esercito bizantino guidato da Belisario entra vittorioso a Roma. Nello stesso anno Giovanni il sanguinario, inviato dallo stesso imperatore Giustiniano completa la conquista delle regioni del sud. Inizia così una violenta lotta che durerà circa vent’anni e vedrà goti e bizantini avvicendarsi più volte al controllo della regione.
568 I Longobardi guidati da Alboino, forzata la tenue difesa bizantina, conquistano gran parte dell'Italia partendo dalle Alpi orientali e scendendo rapidamente verso sud. La regione entrerà a far parte del ducato longobardo di Benevento con a capo il duca Zottone che impartì ben presto la confisca della terre e l’assalto ai beni della chiesa.
592 Muore Zottone, a capo del ducato viene nominato Arechi che governò assumendo una posizione di grande tolleranza nei confronti delle diverse entità religiose presenti in Lucania.
776 Carlo Magno, re dei Franchi, invocato da Papa Adriano I minacciato dal re longobardo Desiderio, entra in Italia e sconfigge i Longobardi. L’unico ducato a mantenne una certa autonomia è proprio quello di Benevento, fino a quanto violente dispute per la successione ne determinarono la divisione in due principati: quello di Benevento e quello di Salerno.
880 - 886 Approfittando della richiesta d’aiuto dei principi longobardi sottoposti a continui attacchi da parte dei mussulmani, i bizantini riprendono il controllo della costa pugliese e dei principati di Benevento e Salerno. Dopo un periodo assai tumultuoso il principato di Benevento viene riconosciuto all’imperatore d’Occidente, Ottone II, mentre la Lucania orientale, la Puglia, la Calabria ed il principato di Salerno all’imperatore di Costantinopoli, Giovanni I.
1040 Il contingente normanno guidato da Arduino, con l'appoggio delle forze locali, si impadronisce di Lavello, Ascoli Satriano e Melfi che ben presto diventerà Il fulcro delle attività politiche ed amministrative del potere normanno nel Mezzogiorno. Da questo momento l'egemonia normanna comincia a crescere parallelamente al declino delle aristocrazie longobarde e bizantine. La conquista normanna andò ben presto a scontrarsi con i possedimenti della Chiesa;
nel 1053 l’esercito imperiale e quello pontificio vennero sconfitti dalle armate normanne.
1130 Ruggero II riunisce in un unico stato i domini normanni, viene quindi eletto, dall'antipapa Anacleto II, Re di Sicilia, di Puglia e di Calabria; titoli poi confermati dal Papa Innocenzo II. Il fulcro delle attività normanne si sposta così a Palermo.
1172 Gugliemo I succede a Ruggero II; il nuovo re conclude la trasformazione voluta dal suo predecessore, modificando i vecchi feudi in “Giustizierai” tra i quali quello della Basilicata.
1220 Federico II viene eletto imperatore da Papa Onorio III.
1221 Federico II fa visita per la prima volta alla Basilicata, terra che ben presto diventerà base solida del suo consenso anche grazie alla tolleranza nei confronti degli ebrei che vivevano in gran numero nel regno.
1231 Federico II torna in Basilicata insieme a Pier della Vigna e all'arcivescovo di Capua, ai quali era viene affidato il compito di raccogliere, in un unico corpo, le sue disposizioni legislative.
Nell'agosto del 1231 davanti alla solenne Dieta di Melfi, viene promulgata la “Constitutiones regni Siciliane”, correntemente chiamata “Augustales o Melfienses”, strumento legislativo di primaria importanza nell'Europa medievale.
1241 Melfi diviene il centro di raccolta della tesoreria imperiale e sede di una delle tre “Scholae ratiocinii” del Regno di Sicilia. Nonostante non risiedesse a lungo in Basilicata Federico II operò una generale ristrutturazione delle fortificazioni; alla fine furono ben trenta i fortilizi nel territorio regionale.
1242 Inizia la costruzione del Castello di Lagopesole.
1250 Muore Federico II; inizia un'epoca di notevole confusione politica.
1269 Gli Angioini, nuovi padroni del Mezzogiorno d’Italia, trasferiscono a Napoli il centro del potere, sottraendo così a Melfi le rilevanti funzioni politiche ed amministrative del regno. La Basilicata diventa terreno di aspre lotte tra gli Angiò e i fedeli agli Svevi. Questo è il periodo dei grandi feudi; i due più grandi territori di proprietà sono quelli dei Sanseverino e degli Orsini del Balzo entrambi filo-Angioini.
1273 Un terribile terremoto colpisce la Lucania provocando innumerevoli danni. Inizia una irreversibile flessione demografica che porterà allo spopolamento della campagna, nella quale comincia ad imporsi la grande pastorizia.
1404 Nelle sanguinose lotte per la successione al trono la famiglia dei Sanseverino viene quasi sterminata. Il nuovo Re Ladislao di Durazzo concede i possedimenti posseduti dai Sanseverino al capitano di ventura Muzio Attendolo Sforza.
1416 Con l'ascesa degli Aragona al trono di Napoli si compie la legittimazione della terza grande famiglia feudale di Basilicata, i Caracciolo, che ottengono la signoria su Melfi e il territorio del Vulture.
1456 Un nuovo violento terremoto, provoca danni incalcolabili ed un numero elevato di vittime; questo evento catastrofico segue un altrettanto tremenda epidemia di peste.
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19 nov 2008

Che nome ha la terra in cui siete nato?

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« «Che nome ha la terra in cui siete nato?» mi domandò una vecchia signora che, nei suoi giovani anni, era stata nel Mezzogiorno d'Italia. «Sono di Napoli», risposi. «Proprio di Napoli?». «No, di una terra ancora più meridionale, della Basilicata». Mi accorsi che il nome riusciva nuovo e volli precisare. «È una terra», io dissi, «molto grande, grande la terza parte del Belgio, grande più del Montenegro: non ha città fiorenti, né industrie. La campagna è triste e gli abitanti sono poveri. È bagnata da due mari e l'uno e l'altro hanno costiere assai malinconiche; dintorno ha le Puglie, i Principati e le Calabrie». I nomi di queste terre dovettero produrre una certa impressione poiché la mia interlocutrice non mi fece quasi finire. «Il vostro», mi disse, «se è tra la Calabria e le Puglie, deve essere il paese dei briganti» ( Francesco Saverio Nitti, Eroi e Briganti , 1899) Share

11 nov 2008

Storie dal/del Sud

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A pagina 14 del quotidiano “La Stampa” del 19 ottobre 2008, è riportata la lettera del sindaco di Milano, del presidente della Provincia di Milano, del presidente della Regione Lombardia, inviata al presidente del Consiglio Berlusconi. Letizia Moratti, Filippo Penati, Roberto Formigoni, dicono al Governo: «Basta regali al Sud».La lagnanza prende a spunto gli stanziamenti che l’esecutivo ha deciso in favore di Roma e Catania, “per risanare i deficit prodotti da anni di cattiva gestione amministrativa”, (così dicono), delle due città.Certamente i ripiani dei risanamenti dei debiti delle amministrazioni, dovrebbero essere sottoposti ad una legislazione più responsabile e seria, dove chi
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2 nov 2008

Giù le mani dalla Basilicata

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Concordo con Astronik: E’ in atto contro la Basilicata un assalto senza precedenti da parte dello Stato che tende a minare la qualità della vita dei lucani autorizzando iniziative nel campo dello stoccaggio dei rifiuti pericolosi, per l’estrazione del petrolio, per la costruzione di centrali nucleari e per lo stoccaggio delle scorie, per la costruzione di centrali elettriche che utilizzeranno il legno degli alberi dei nostri boschi, per lo stoccaggio del gas proveniente dai paesi produttori.E’ di questi giorni la notizia di una legge dello stato che sottrae alle regioni il potere negoziale con le compagnie petrolifere per aprire nuovi pozzi. Una decisione gravissima in quanto consegna gran parte del territorio lucano alle multinazionali del petrolio e regala alla Basilicata inquinamento e danni alla salute e non certo sviluppo e benessere!Una notizia fresca fresca è che il Ministero dell’Ambiente avrebbe già pronta la VIA (Valutazione di impatto ambientale) per la costruzione di un megadeposito per lo stoccaggio del gas russo in Valbasento. Si attende la conferma da parte del nostro assessorato regionale all’ambiente.Dopo lo stop al progetto del mega stoccaggio di gas da 1 miliardo di metri cubi nei pozzi dismessi di petrolio e gas della Val Basento loc. Cugno Le Macine-Serra Pizzuta (Comuni di Salandra, Ferrandina e Pisticci) da parte dell'ex Ministro dell'Ambiente del 2007, con pubblicazione del nuovo annuncio VIA sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 14 marzo 2008 e l'integrazione per la procedura VIA da parte della Società Geogastock con sede a Parma nei mesi di maggio-giugno 2008, la Basilicata è sempre di più in mano ai grandi interessi delle multinazionali dell'energia, questa volta russe, confermandosi snodo energetico e di produzione di idrocarburi d'Italia e d'Europa. La regione sarebbe attraversata da oleodotti, condotte per lo smistamento del gas, uno scempio.Questa notizia giunge dopo che si è appreso che l’Enel procederà a riattivare la vecchia centrale del Mercure sul Pollino che brucerà tonnellate di legna rivenienti dal taglio dei boschi e forse la spazzatura prodotta nei paraggi. Per non dire del mega centro stoccaggio oli che sta sorgendo a Tempa Rossa nella valle del Sauro. Anche la questione nucleare con il governo che ha deciso di riprendere i progetti di costruzione di nuove centrali, con tecnologie non certo nuovissime (le centrali quarta generazione non sono ancora pronte per essere realizzate) e proprio sulla Basilicata si accentrano le attenzioni per impiantarne una. Vi ricordo che una centrale nucleare, secondo il vecchio piano degli anni '70 dell'allora Cnen, oggi Enea, al quale sembra attingere l'attuale governo, è prevista lungo la foce del nostro fiume Sinni e che, al di là di ogni discorso, questa centrale avrà bisogno anche di 180 milioni di mc di acqua all'anno, il 40 per cento della quantità di acqua contenuta a pieno regime nella diga di Senise.Per opporsi al ritorno del nucleare in Italia vi invito ad aderire ad una petizione on line che si trova a questo link http://www.perilbenecomune.org/index.php?mod=petition Avete capito perché lo spopolamento in atto nella nostra regione non è contrastato, anzi è in atto un disegno criminale per favorire lo svuotamento dei nostri territori per avere carta bianca per fare gli interessi di lobbies di tutti i tipi, di inquinare a piacimento. Altro che Basilicata verde! Basilicata pattumiera d’Italia! Dopo tanti anni di attesa era stato varato il Parco della Valdagri e degli Appennini lucani, in questi giorni il Governo, senza consultare la Regione, ha nominato un fidatissimo Commissario, ing. Totaro, esponente di spicco di Forza Italia, che sicuramente avrà ricevuto l’incarico di trasformare il Parco, la nuova denominazione potrebbe essere Parco del Petrolio lucano… dal blog di astronik: http://astronik.ilcannocchiale.it/2008/11/02/giu_le_mani_dalla_basilicata.html Share