28 set 2010

Sarconi. La rivincita della Piccola Mesopotamia.

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Così è chiamata la zona del paese, stretta tra due corsi d'acqua. Ed è proprio la posizione che rende unici e davvero buonissimi i legumi che qui vengono prodotti.

E per favore non si dica che parlando di fagioli a nessuno viene in mente l'unica associazione dalla quale nessuno, scherzando, riesce a sfuggire. E perciò sgomberiamo il campo dagli equivoci con il migliore e più decoroso degli esempi possibili e diciamo che sì, i fagioli sono come i falsi amici: parlano di dietro.
Gli abitanti di Sarconi, invece, sono gli unici al mondo che non scherzano sui fagioli.
Non ci riescono neanche un po'; e se chiedi dell'esistenza di qualche proverbio spiritoso sugli effetti travolgenti di questo stupendo legume che fu chiamato "la carne dei poveri", non esce un ragno dal buco.
In effetti Sarconi, paesino della lucana Val d'Agri, diventato famoso in Italia e persino fuori dai confini nazionali per i suoi meravigliosi e protetti fagioli, è l'unico posto al mondo nel quale il prezioso legume è la storia di un successo, di una rivincita degli ultimi, di un gruppo di contadini che attraverso l'umiltà propria e quella del frutto delle proprie fatiche è riuscito a emergere dal nulla, pur non vantando concittadini illustri, castelli, dame e cavalieri.
Anzi: gli abitanti di Sarconi erano identificati col termine di "ciuoti", che si usa affibbiare a tonti, stolti, stupidi e dintorni. Ma Ciuoti è anche il nome di un ecotipo di fagioli che si coltiva a Sarconi.
la rivincita dei Ciuoti, umani e vegetali • che fossero, iniziò subito dopo la Seconda guerra mondiale, quando i sarconesi indissero il referendum per affrancarsi dal Comune di Molìterno, di cui Sarconi era frazione, che domina dall'alto della collina con le sue torri medievali, la gloria dei suoi artisti e dei suoi generali borbonici. Non c'era dubbio sui risultati:
«In fondo», racconta Luciano Albano, capo del gruppo lucano della Protezione civile che si è distinto di recente nei soccorsi ai terremotati del vicino Abruzzo,”noi eravamo l'unico paese disteso a valle, fra i tanti che
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27 set 2010

Sarconi- PZ (basilicata) e la sagra del fagiolo

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Sarconi nella valle dell'Agri, in Basilicata, è una della sagre più importanti di Italia. Ha avuto molti riconoscimenti ed è meta di visitatori, giornalisti, gastronauti - Ogni anno ad agosto, il 18 e 19, si svolge la manifestazione che Basilicatanet definisce così:
"I Fagioli di Sarconi, marchio IGP dal 1996, sono caratteristici poichè fortemente legati all’ambiente di questi territori dove la disponibilità di acqua, e particolari condizioni ambientali come le basse temperature estive permettono la produzione di fagioli di elevata qualità assolutamente distinguibili dalle altre varietà esistenti.

Un percorso tra le suggestive strade del centro storico per scoprire, aiutati dalle didascalie, tutte le 17 varietà ecotipiche del fagiolo locale, la loro storia e il legame col territorio. Un tour gastronomico per assaporare tutte le pietanze, rigorosamente a base di fagioli, preparate dai ristoratori della zona. In più in ogni piazza si potranno conoscere i segreti di un antico mestiere, dalla lavorazione della ceramica a quella del vimini e del legno."
Per intuire l'atmosfera della festa posto questo video:

The Beans' Place from Leonardo Dalessandri on Vimeo. Share

24 set 2010

Lingue e dialetti in Basilicata

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Non esiste il dialetto lucano ma i dialetti lucani. Esiste cioè un pendolarismo tra vari universi linguistici che hanno coabitato per secoli, e che esprimono ancora oggi ciascuno una mentalità, una letteratura e condizioni sociali riconducibili alla stessa terra madre. Il profilo linguistico della Basilicata è sensibilmente frammentato, date le differenti vicende storiche che l’hanno attraversata, ma non esistono dei veri e propri confini dialettali: siamo in presenza, semmai, di un grande “ipersistema linguistico”, nel quale l’isolamento geografico e di conseguenza culturale hanno generato l’arcaicità ed insieme la vitalità delle forme. La loro individualità e molteplicità è una ricchezza per la regione, che ha saputo coltivare e tenere unite attraverso
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21 set 2010

Ghost Town

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Ghost Town from Leonardo Dalessandri on Vimeo.

A causa di una frana di vaste proporzioni, nel 1963 Craco fu evacuata e l'abitato trasferito a valle, in località Craco Peschiera. Allora il centro contava oltre 2000 abitanti. La frana che ha obbligato la popolazione ad abbandonare le proprie case sembra essere stata provocata da lavori di infrastrutturazione, fogne e reti idriche, a servizio dell'abitato.
Paese fantasma
Ad onta di questo esodo forzato, Craco è rimasta intatta, trasformandosi in una specie di paese fantasma, caso raro nel suo genere. Oggi non è piu possibile percorrerne le strade; il comune prevede entro un anno la riapertura di 2 itinerari in zone ritenute sicure del paese fantasma. Inoltre, secondo gli appassionati di paranormale, a Craco ci sarebbero avvistamenti di figure spettrali e all'interno delle case abbandonate si sentirebbero rumori particolarmente inquietanti [2] .

Craco ha fatto da sfondo per vari film:

* La lupa di Alberto Lattuada
* Cristo si è fermato a Eboli di Francesco Rosi, nell'episodio dell'arrivo di Volontè-Carlo Levi alla nuova destinazione di confino, Gagliano. Per l'occasione furono disposti sulle prime case del paese degli stendardi a lutto, per ricreare lo scenario descritto nel libro. Ancora oggi è possibile ammirarli. Nemmeno il tempo con le
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15 set 2010

Brilla ancora l'armatura del principe assassino

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Se un giorno d'estate un viaggiatore si trovasse a passare dal castello di Konopiste, 50 chilometri a Sud-Est di Praga, farebbe una curiosa scoperta. Il castello è un pesante rifacimento ottocentesco, con gallerie tappezzate delle corna di migliaia di cervi che ebbero la sventura di trovarsi dalla parte sbagliata di una canna di fucile e soffocanti salotti e salottini vittoriani arredati all'insegna del più ce n'è e meglio è. Della grande attrazione bellépochiana del castello, i celebri roseti, resta poco. Ma, in mezzo al bric-à-brac, il turista avvertito troverà ciò che vale il viaggio. Si tratta di un'armatura «per giostrare alla palanca» che fu realizzata a fine Cinquecento da un grande artista, l'armoraro milanese Pompeo della Cesa (1537 circa - 1610) per un altro, il musicista Carlo Gesualdo (1566-1613). Che cosa ci faccia in un castello boemo è l'oggetto di questa storia, in cui compaiono un principe assassino, un altro assassinato, un delitto d'onore e uno politico, molti madrigali, un grande matrimonio, la nascita dell'Italia unita e quella della Cecoslovacchia. Il protagonista è Carlo Gesualdo, principe di Venosa, grande nobiltà meridionale, nipote di San Carlo Borromeo. E, soprattutto, uno dei massimi musicisti italiani della sua epoca e non solo di quella. Nei suoi madrigali, l'ultima grande stagione della polifonia sprofonda in complessità abissali, audacie armoniche, cromatismi allucinatori. Gesualdo è un musicista «da musicisti», forse, più che da grande pubblico. Ma, senza dubbio, un grandissimo musicista.

Tant'è: per tutti, rimane il principe assassino del delitto del secolo, protagonista cattivo di una storia d'amore e di morte cantata dal Tasso («Piangi, Napoli mesta, in bruno ammanto / Di beltà, di virtù l'oscuro occaso / E in lutto l'armonia rivolga il canto») ma anche nei lamenti popolari. Fra la prima moglie di Gesualdo, Maria d'Avalos, e Fabrizio Carafa, duca d'Andria, giovani bellissimi e innamoratissimi, nacque la più clamorosa relazione extraconiugale del secolo. Finché, un brutto giorno, il 16 ottobre 1590, il marito cornuto, che non
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