28 apr 2008

Ciao Gigi

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Ciao Gigi e Buon Viaggio.

P.S.: non fate danni.

http://blogbasket.ilcannocchiale.it/?TAG=gigi%20chiriaco
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26 apr 2008

Sud, la Resistenza dimenticata

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Ieri, 25 Aprile ho pensato molto al significato di una data. Le religioni hanno impostato le loro celebrazioni, rinforzato i loro credi, manifestato la loro potenza, attraverso una data.

Ripensando a queste dinamiche sociali e psicologie di massa, mi sono un pò arrabbiato poichè il 25 Aprile non deve essere SOLAMENTE una data da ricordare ( fino a quando?, fin quando sarà vivo l'ultimo combattente, l'ultimo partigiano?), ma deve esssere SOPRATTUTTO una data da festeggiare per mantenere e aumentare il senso implicito dell'evento, e valorizzare il significato che essa porta con sè. Che il 25 aprile non sia solo un giorno di vacanza, che non si sprechi ciò che di buono ci viene dal passato.
Oltre alla data ho riflettuto anche sui luoghi della Resistenza.
E mi sono detto: però la Resistenza fu un fenomeno che colpì anche il Sud!
La storia della Resistenza l'ho incominciata a conoscere da piccolo, attraverso
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Patrioti e/o Briganti...

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Erano veri patrioti i briganti. La Lucania è una delle regioni del Sud che più ha sofferto in termini di sacrifici morali e materiali durante le invasioni che nell'800 tormentarono il nostro meridione. Nel 1810 fu infestata da un francese della peggiore specie, inviato anche in Calabria, da Gioacchino Murat [si fa riferimento al famigerato generale Manhes, n.d.r.]. È incredibile […che ] la storiografia ufficiale ci abbia fatto digerire come esempio di grande civiltà un regime sanguinario come quello murattiano. Dal 1806 al 1811 gli Abruzzi, la Lucania e la Calabria furono perennemente in rivolta. Già nel 1799 queste regioni si opposero con tutti i mezzi alla penetrazione francese e giacobina; con il Cardinale Ruffo, calabresi e lucani contribuirono a riconquistare il regno e a cacciare gli stranieri dal paese. Varie campagne di repressione furono messe in atto da Giuseppe Bonaparte prima e da Gioacchino Murat poi, ma l'indomito popolo di quelle regioni non si piegava. La mistificazione a senso unico della storia del nostro mezzogiorno continua, soprattutto per il periodo che va dalla fine del '700 a tutto il 1860. Per [i nostri] intellettuali […] il popolo del Sud non ha diritto alla dignità e alla verità storica, ma soltanto alla più umiliante rappresentazione folkloristica. Per costoro il popolo ha due facce: quando è quello che si unisce al Cardinale Ruffo per cacciare l'armata francese e i suoi complici, colpevoli soprattutto di voler sradicare con la forza usi, costumi e religione diventa plebaglia, feccia; diventa brigante. Quando invece si presenta sulle posizioni opposte, e quindi facilmente strumentalizzabili, diventa soggetto intelligente e maturo. È però arrivato il momento di fare chiarezza: l'invasione del Regno da parte dei francesi non ha caratteristiche diverse da quelle dell'invasione tedesca nell'ultima guerra per cui, se doverosamente va dato rispetto e dignità a chi, come i partigiani, contrastò con ogni mezzo detta invasione, allora pari dignità e rispetto vanno dati anche ai "Briganti Meridionali". La storia ufficiale non ha consentito mai […che ] l'insurrezione popolare calabrese contro i giacobini e i francesi dal 1806 al 1811 [fosse] trattata nelle scuole italiane come un fatto storico, ma come un atto di banditismo, mentre la contemporanea insurrezione del popolo spagnolo contro le truppe napoleoniche è stata ed è considerata uno degli eventi più gloriosi della sua storia. È certamente il concetto di Nazione a far sì che, in Spagna e ancor di più in Francia, le insurrezioni popolari come quella della Vandea siano rispettate e hanno potuto godere anche in tempi lontani della Giustizia Storica. In guerra, quasi due secoli addietro, tutto era permesso, ma non è accettabile che questo sia ricordato a senso unico, e soprattutto non è accettabile che non vengano considerate le ragioni di una parte dei contendenti. Nel 1799 Ettore Carafa, giacobino e collaborazionista di una invasione che, è bene ricordarlo, costava alla città di Napoli tonnellate d'oro di contribuzione forzata, fece di molto peggio ai cittadini delle città pugliesi da lui messe a ferro e fuoco. Su Calabria e Lucania si è preferito enfatizzare la natura del popolo, i suoi costumi, le sue usanze e soprattutto la sua grande e radicata fede cristiana: ma la cultura storica è stata per oltre un secolo predominio ed esclusiva di un intellettualismo composto da soggetti preoccupati di dar lustro all’establishment sabaudo prima e fascista poi, un intellettualismo che ha ridotto il meridione a una massa informe di mani tese verso una elemosina permanente, attraverso la cancellazione della memoria storica di un popolo […] La guerra dei poveri contro i francesi non fu solo in Calabria e Lucania. Fu presente in quasi tutto il Sud, e in particolare negli Abruzzi dove conobbe momenti di violenza inaudita. In una lettera che il comandante della provincia di Chieti, Merlin De Thionville invia al generale Lamarque, che lo esortava a passare per le armi tutti gli insorgenti senza eccezione alcuna, esso non risponde in termini conciliativi per la popolazione, ma solo fa notare che la massa dei prigionieri è tale che converrebbe impiccarne una quarantina come esempio, e chiede che gli altri vengano imbarcati su "cattivi battelli", in modo che questi possano affondare con il loro carico. Furono comunque le Calabrie e la Lucania la vera Vandea del Sud, e già si era ben visto pochi anni prima, quando il cardinale Ruffo di Bagnara, calabrese anch'egli, sbarcato con una decina di uomini sulle coste della regione, in pochi giorni era stato raggiunto da decine di migliaia di uomini, armati alla meglio, sotto la bandiera della Santa Fede. In pochi mesi questi valorosi, gli stessi presi a sberleffi dalla storia ufficiale per la loro riservatezza e la loro indole, arrivarono a Napoli e liberarono il Regno dalla presenza dello straniero. Nel 1806, per la cupidigia napoleonica che andava cercando un nuovo trono da far occupare alla numerosa famiglia, l'esercito francese invase il Regno. L'esercito napoletano, numericamente e tecnicamente inferiore, si ritirò verso le Calabrie per tentare lì una estrema resistenza: ma non fu l'esercito a impensierire i francesi di Massena. Infatti, battuto con onore a Campotenese, si imbarcò per la Sicilia dove poté essere utilizzato per continuare la lotta e difendere con i denti il suolo patrio. Sembrò ai francesi di poter effettuare una passeggiata in quella terra inospitale e chiusa, abitata da uomini taciturni e apparentemente inoffensivi, ma non fu così. Quando a Catanzaro un ufficiale francese fu ucciso da un contadino dal tipico nome calabrese, Carmine Caligiuri, perché tentava di violentare sua moglie, scattò la rivolta. Torme di contadini raggiunsero le montagne e i boschi per iniziare la guerriglia. Per quattro anni, dal 1806 al 1810, la regione sarà ricoperta dal sangue di questi partigiani e dei loro invasori. Appoggiati da truppe inglesi e napoletane scriveranno pagine eroiche, come quella dell'assedio di Arnantea, durato molti mesi e terminato con una resa onorevole. Altrettanto accadrà a Scilla, a Crotone, alla stessa Reggio Calabria, ma la fiamma non si spense mai. Solo con l'arrivo a Potenza del generale Mahnes, inviato da Gioacchino Murat con pieni poteri, e con le commissioni militari che decretarono centinaia di condanne a morte, la rivolta si placò e fu domata. Sul campo rimasero quindicimila francesi e ventimila tra calabresi e lucani, ma rimase anche il ricordo di quegli anni che non si cancellò mai, e l'amarezza di essere considerati banditi e non patrioti. Spagnoli, francesi e americani del Sud ci hanno insegnato che anche quando si perde occorre conservare la memoria di una epopea, per poter tramandare ai propri figli l'orgoglio e la dignità: agli italiani del Sud questo non è stato consentito. Roberto Selvaggi Da “IL SUD” del 25 gennaio 1997 http://www.eleaml.org/nicola/storia/peperoncino_storia.html Share

23 apr 2008

GEO&GEO. Servizio sulla Basilicata

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Un lungo e dettagliato servizo di Geo & Geo, su Rai Tre, a spasso per la Basilicata.

Il viaggio inizia nelle, o sulle, piccole dolomiti del sud, e termina a Matera.

Un viaggio, un diario di viaggio che racconta attraverso le immagini, musiche e commenti una terra che non smette mai di affascinare.

Il servizio è diviso in tre parti e si chiama Le Piccole Dolomiti del Sud.








Buona visione e buon viaggio.
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18 apr 2008

Le Fate Ignoranti

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Chi sono le Fate Ignoranti?

Ogni volte che rivedo dei giochi di luce o angoli tra i vicoli dei paesi qua in Basilicata, mi torna violentemente alla memoria un film, Le Fate Ignoranti.

Molti critici , all'uscita del film nel 2001 non ebbero commenti felici, ma a me non interessa granchè.

A me quel film ha lasciato un fascino, ha regalato una magia, un sogno malinconico. Non è forse questo uno dei compiti del cinema? O dell'arte? Le atmosfere, le innocenti complicità, la fuga dall'artefatto, dal costruito, il vivere quotidiano come regalo di emozioni e sensazioni, non è forse questo che è presente nella pellicola di Ozpetek?

Chi sono le Fate Ignoranti?

Le fate ignoranti sono quelle che incontriamo e
non riconosciamo ma che ci cambiano la vita.
Non sono quelle delle fiabe, perchè loro qualche bugia la dicono.
Sono ignoranti, esplicite, anche pesanti a volte,
ma non mentono sui sentimenti. Le fate ignoranti sono tutti quelli che vivono allo scoperto,
che vivono i propri sentimenti
e non hanno paura di manifestarli.
Sono le persone che parlano senza peli sulla lingua,
che vivono le proprie contraddizioni e che ignorano le strategie.
Spesso passano per "ignoranti", perché sembrano cafone
e invadenti per la loro mancanza di buone maniere,
ma sono anche molto spesso delle "fate"
perché capaci di compiere il "miracolo" di travolgerci,
costringendoci a dare una svolta alla nostra vita.

F.Ozpetek

Ecco chi sono le Fate Ignoranti, le incontriamo ogni giorno ma forse non ce ne accorgiamo.

La magia di un gruppo 'fuori dagli schemi' che ignora le regole sociali porta dunque al dubitare della reale necessità e fondatezza delle regole stesse.


E poi le musiche, che dolcezza e raffinatezza.

Vengono utilizzate delle canzoni di Sezen Aksu, cantante turca (transessuale) molto nota fuori dal suo Paese, che ho imparato a conoscere tramite gli album Bahane e Yaz Bitmeden. Merita.
E la suggestiva Birdenbire (interpretata da Yasemin Sannino, cantante italo-turca che spesso si adopera in produzioni di tradizione popolare del nostro sud Italia)... che significa all'improvviso... e infatti... all'improvviso!...
Da citare anche Gracias a là vida (Joan Baez) che nel film è cantata in italiano dall'attrice Rosaria De Cicco.


Oltre poi alla poesia intrinseca del film è presente la poesia di Nazim Hikmet, poeta turco favoloso.


NOTTE D'AUTUNNO
In questa notte d'autunno
sono pieno delle tue parole
parole eterne come il tempo
come la materia
parole pesanti come la mano
scintillanti come le stelle.
Dalla tua testa alla tua carne
dal tuo cuore
mi sono giunte le tue parole
le tue parole cariche di te
le tue parole, madre
le tue parole, amore
le tue parole, amica.
Erano tristi, amare
erano allegre, piene di speranza
erano coraggiose, eroiche
le tue parole
erano uomini.



Hikmet è diventato, mentre era ancora vivo, uno dei poeti turchi più conosciuti in occidente.Condannato per marxismo fu il solo scrittore d'importanza ad evocare i massacri armeni del 1915 e 1922.
Nel 1938, fu condannato a 28 anni e 4 mesi di prigione per le sue attività anti-naziste e anti-franchiste e per essersi opposto alla dittatura di Kemal Ataturk. Grazie all'intervento di una commissione internazionale della quale facevano parte, tra gli altri, Pablo Picasso, Paul Robeson, Jean-Paul Sartre scontò solo 12 anni e nel 1950 venne liberato ma egli trascorse il suo esilio in tutta Europa, perse la cittadinanza turca e divenne polacco. Morì il 3 giugno 1963 amentre si trovava in esilio a Mosca.

Ecco chi era Hikmet!


Ecco perchè i suoi versi nelle Fate Ignoranti rendono il film ancora più penetrante, di quella che io definirei dolce malinconia.


Ed ecco perchè, forse in questi giorni in cui l'Italia sembra avviata verso un declino socio-culturale,un film del genere rende ancora più violenta la sensazione di ciò che poteva essere e non è stato.

Un mio amico brasiliano Milton, come un fratello per me, mi ha mandato il video di una cantante brasiliana, Elis Regina che canta una canzone contro la dittatura il cui ritornello recita:


"il mio dolore é percepire

che nonostante tutto tutto quello che abbiamo fatto ,

ancora siamo gli stessi e

viviamo come i nostri genitori..."






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I Cento Passi: canzone dedicata ad un vero eroe: Peppino Impastato

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YouTube - Modena City Ramblers - I Cento Passi
http://www.peppinoimpastato.com/
Dal film I Cento Passi: discorso radio 

Cento sono i passi che occorre fare, nella piccola Cinisi, per colmare la distanza tra la casa degli Impastato e quella del boss mafioso Tano Badalamenti. Peppino Impastato vive cercando di sfuggire a quest'inesorabile legame con l'ambiente mafioso che il padre, Luigi Impastato, un po' per inerzia, un po' perché ha una moglie da proteggere e due figli
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11 apr 2008

La capitale dei murales del mezzogiorno: Satriano di Lucania

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C'è un paese che porta dipinta sui muri la propria storia. Così inizia il viaggio di Viaggiare, programma del tg2 della Rai. La lucertola a due code: un portafortuna (via Porticelle) Il centro storico, distrutto e disabitato dopo il terremoto del 1980, è diventato una pinacoteca all’aperto: i muri delle case raccontano la storia, la magia, le leggende, gli usi e le tradizioni del popolo satrianese(da qualche anno i murales sono anche illuminati). Dal 1983 è la capitale dei Murales del Mezzogiorno, grazie ai dipinti sui muri delle case che raccontano storia, magia, leggende, maschere, personaggi, usi e tradizioni del popolo satrianese Nel 2004 Satriano di Lucania è stato inserito tra i ''Borghi più belli d'Italia'' dall'Anci . Tra gli artisti che hanno eseguito le opere, si citano Lavinio Sceral, pittore romano, che ha realizzato La lucertola a due code, Luciano La Torre (di Satriano) e Michele Giglio (di Satriano) con La corsa continua (in Largo Chiesa Vecchia). Murales che appaiono ad ogni angolo del borgo lucano. Grandi, piccoli, particolari o visioni d'insieme. Le mura di satriano da anni raccontano un viaggio nel tempo e nella memoria fatta di piccoli e grandi gesti. Guarda il video di Rai 2 Alcune foto dei murales: http://www.aptbasilicata.it/Galleria-Immagini.1474+M5f062382d25.0.html#gallery . Share

10 apr 2008

La Piccola Assisi della Basilicata: san Donato a Ripacandida.

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GLI AFFRESCHI DELLA CHIESA DI SAN DONATO A RIPACANDIDA


La chiesa di San Donato a Ripacandida potrebbe essere definita, per antonomasia, la "piccola Assisi" di Basilicata.
Infatti, oltre al tipico impianto francescano ad aula unica, priva di transetto e con coro rettilineo, ha, in analogia con la Basilica assisiate, tre campate voltate a crociera ogivale, esempio unico in tutta la regione, ed è affrescata nell'interno per l'intera estensione delle superfici disponibili.La serie di Santi dell'ordine effigiati nelle
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Commenda Gerosolomitana o Cavalieri di Malta a Grassano

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La Commenda Gerosolomitana di Grassano (Basilicata)

Ancora oggi non è semplice ricostruire la storia della diffusione dei Cavalieri Gerosolomitani o di Malta in Basilicata e le vicende relative alla Commenda Gersolomitana di Grassano [1] poiché molta documentazione nel corso del tempo è andata distrutta o dispersa [2]. Solo nell'ultimo decennio è stato possibile ricostruire, per sommi capi, le vicende determinate dalla loro presenza e l'importanza della Commenda Gerosolomitana di Grassano [3] . Sono ancora pochi i lavori di ricerca che si propongono di tracciare un quadro esauriente sull'organizzazione di questa Commenda che era, ed è bene ricordarlo, una delle più importanti della Basilicata [4].
Ancora non del tutto risolti risultano i dubbi relativi all’insediamento dei Cavalieri gerosolomitani [5] nel feudo di Grassano. In un inedito manoscritto, dello storico ottocentesco Giuseppe Gattini [6], ricorda che Grassano nel 1277 era ancora un piccolo casale che apparteneva alla vicina cittadina di Tricarico e proprio dai Sanseverino, Signori di Tricarico, fu donato questo feudo [7] ai cavalieri . Un altro documento del 1368 ci da
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