5 ott 2014

Il fischio e i richiami al tempo delle cabine telefoniche

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Dalla rubrica domenicale, Quaderno di Campo,  del Quotidiano un racconto sul Fischio e i richiami al tempo delle cabine telefoniche.



Non era uno squillo di un cellulare. 
No, assolutamente no! E nemmeno esisteva.
A quel tempo i telefoni avevano la rotella e dovevi aspettare che si completasse a ritroso il giro prima di fare l'altro numero.
A quel tempo si entrava nelle cabine che sembravano dei confessionali e custodi di chissà quali segreti. Erano contenitori di lontananze, di amori sussurrati, di famiglie distanti.  E la chiave per poter accedere nel mondo di quel confessionale  era il gettone, di quelli marroni e con 2 strisce su una faccia e 1 sull'altra. E che con un gettone ci stavi le ore chiuso in quella cabina. E che non dovevi fare neanche il prefisso se chiamavi in provincia. E che quando si componeva il prefisso significava che era una telefonata importante a qualcuno lontano.

No! Non era il tempo delle suonerie e dei cellulari. Era il tempo dei telefoni a disco e delle cabine a
gettone.
Ed era anche il tempo dei fischi.
Capitava, In quel tempo, un momento della giornata in cui l'aria si riempiva di fischi.
Al calar della sera, i padri appena rientrati non trovando i figli in casa uscivano sull'uscio e prendendo fiato fischiavano.
Era il richiamo. 

Ogni famiglia aveva un fischio, un richiamo. 
E le strade riecheggiavano di questi fischi, brevi e intensi. E non si confondevano, anzi sembravano darsi forza l'un l'altro. Oggi come allora, non riesco a spiegarmi come il fischio potesse penetrare tutti i suoni, il vociare e l'urlare giocoso . 
Però, fatto sta che ognuno riconosceva il “proprio” fischio. 
C’era il fischio lungo, quello corto e ripetuto, quello monotonale, quello con più tonalità e intensità. Fischi di tutti i tipi e nessuno uguale. 
Qualcuno poteva assomigliare ma non c’era il rischio di confonderli. 
Al sentire quei fischi, il capo e gli occhi si rivolgevano nella direzione da cui proveniva quel suono e, di colpo, lasciando quello che si stava facendo con i propri amici, si rientrava verso casa. Le strade e le piazzette si svuotano. 
Il silenzio si riappropriava degli spazi, interrotto solo da sottili echi di stoviglie. Ai richiami della madre si poteva far finta di niente, ma al fischio del padre no! Il fischio di famiglia non si poteva ignorare. 
Erano quelle regole non scritte che si imparano subito, fin da bambino.
Ogni tanto oggi, dopo tanti anni, sono io che fischio. E c'è una bambina che si gira e viene verso di me. Ha imparato subito a riconoscere il suono. Un suono che ha attraversato il tempo e le generazioni e sopravvive e si rinnova ogni qual volta un padre fischia.

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