11 feb 2015

un mondo senza mappa

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In un post passato  scrivevo di come il "mangiare è un atto agricolo e rivoluzionario" .
Noi possiamo non essere solo semplici consumatori passivi, ma compartecipi della creazione dei sistemi che ci nutrono. Ma l'atto presuppone un atteggiamento, dei protagonisti e una visione tutti collegati simbioticamente.
Se uno solo dei passaggi è inquinato l'intero processo, per quanto idealmente puro, sarà irrimediabilmente inquinato.
E l'atto agricolo ha bisogno di una terra e di agricoltori che sappiano il mestiere del contadino, che abbiano l'occhio del contadino e che recuperino il cuore del contadino. E capita che la terra diventi riscatto e redenzione.
Leggevo "Terroni e campesindios" e mi imbatto nella storia di Xavier, figlio di indigeni sfruttati, e la sua storia si incrocia con quella di Rocco Scotellaro

""Xavier, figlio di indigeni sfruttati per decenni, costretti all'esilio dalla terra, ha pensato alla sua dignità come a una condizione che poteva realizzarsi solo ritornando a coltivare la terra dei suoi, a usare con rispetto le risorse della Pachamama,  a tessere un'esistenza basata sulla condivisione della ricchezza e della
povertà della casa comune.
"Il mondo contadino è semplice, vicino al mondo arcaico, al primordiale, ma è estremamente complicato per chi non appartiene a quel mondo, per chi non aderisce agli -statuti della concezione contadina."- (1)
A vederlo da fuori, quell'universo fatto di rituali antichi, quello scenario in gli uomini le bestie e gli alberi condividono un destino comune, dove le stagioni e i defunti non passano mai ma restano presenti nell'aria, anche quando i tempi sono cambiati, resta uno dei luoghi più misteriosi della modernità.  
Un luogo misterioso perché l'Occidente ha perso la MAPPA per decifrarne la cultura, le istituzioni e la mentalità consegnandosi a una frettolosa trasformazione delle antiche identità in nome di uno sviluppo senza confini apparenti e senza criteri, che non ha risparmiato nulla o quasi dell'antico equilibrio tra gli uomini e la terra."" (2)

1- Maria Teresa Langeramo,  Amelia e Rocco Scotellaroin I giovani leggono Scotellaro, a cura di Maria Teresa Imbriani

Frida Kahlo, Ritratto di Luther Burbank, 1931

Storie lontane, quelle di Xavier e Rocco separate da un oceano, eppure vicine. Entrambe dentro quel mondo contadino rurale tanto discusso e studiato come se fosse una galassia lontana.  In effetti, galassia lontana, lo è diventata nel momento in cui abbiamo smarrito la mappa. 
Una mappa che conteneva secoli e generazioni di esperienze frutto di una radice profonda di solidarietà,  di comunanza, di beni comuni, "un segnale di non aggressione tra gli uomini" e di rispettoso scambio con la terra. 
Una mappa figlia di una provvisorietà apparente ma regolata da punti e idee chiare e solide.
Una mappa che evitava la logica dell'individualismo e della atomizzazione sociale. 
Una mappa che proteggeva dall'inganno della produttività,  dell'efficientismo, meccanizzazione e della velocità. 
Un intero mondo non ha avuto più tempo neanche per adattarsi ai cambiamenti. 
E l'atto agricolo si è trasformato in processo industriale e speculativo.  
Non è stato più il prodotto a doversi adattare alla terra ma la terra che si è dovuta adattare al prodotto. E ovunque si possono produrre le stesse cose indipendentemente da chi lo produce, dal come e dal dove. Tutto buono, bello, di sapore ma tutto uguale e  per niente vero. 
E rubo parole  ad un cacciatore di mappe come Eduardo Galeano :
La terra che c' interra o esilia è avvelenata/ Non c' è più aria bensì boria/ Non c' è pioggia bensì pioggia acida/ Non ci sono parchi bensì parcheggi/ Non ci sono più società bensì società anonime/ Imprese anziché nazioni/ Consumatori anziché cittadini/ Agglomerati urbani anziché città/ Non ci sono persone bensì pubblico/ Non ci sono realtà bensì pubblicità/ Non ci sono visioni bensì televisioni/ Per elogiare un fiore si dice: sembra di plastica.




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